La colpa e l’innocenza

La colpa e l’innocenza.

Il senso di colpa è un sentimento complesso che nasce dalla condivisione di un senso etico e morale appartenente ad un gruppo sociale.

Generalmente si fa riferimento alla società in cui si vive, ma il primo gruppo sociale con cui si condivide l’esistenza è la famiglia. 

Sentirsi innocenti o in colpa in realtà non ha nulla a che fare con i principi di bene e male, ci sono persone che commettono orribili atrocità senza provare alcun senso di colpa e persone che vivono il senso di colpa pur mettendo in atto un comportamento che sia rivolto per il bene altrui.

Ci sono molti elementi che intervengono nella nostra coscienza personale, che modificano il nostro comportamento in relazione alle persone che vivono intorno a noi e che sono influenzati dal senso di colpa e dalla necessità di sentirsi innocenti.

Esiste anche una coscienza sistemica che governa le relazioni di un nucleo sociale come una famiglia, e influenza tutti coloro che ne fanno parte senza che questi possano consapevolmente accorgersene. Infine, esiste una coscienza superiore a cui un adulto può far riferimento, uscendo dall’influenza della coscienza personale e familiare. Mettersi in contatto con questa coscienza superiore implica una crescita ed una maturità della coscienza personale molto alta che permette di ridurre ogni dipendenza e ogni bisogno di relazione esterna.

Nei rapporti interpersonali, nascono alcuni bisogni fondamentali che modificano il nostro comportamento: 

  • Il bisogno di “appartenere”, di sentirsi parte di un sistema, questo crea legami con altri individui, legami forti e necessari, talmente importanti che un individuo è capace di sacrificare la propria vita pur di difenderli.
  • Il bisogno di mantenere un equilibrio tra “dare e ricevere” all’interno delle relazioni interpersonali. Questo bisogno ci lega con coloro che appartengono al nostro sistema di riferimento obbligandoci coscientemente o meno a mantenere un comportamento adeguato che possa tenere in equilibrio questo rapporto di scambio.
  • Infine, a governare la nostra relazione con un sistema, interviene il bisogno di un ordine sociale.

A questi bisogni rispondiamo continuamente e molto spesso inconsciamente. Le nostre risposte a questi bisogni limitano molto spesso le nostre scelte e il nostro destino, tanto da portarci, a volte, e con spirito di sacrificio, alla rinuncia della nostra stessa vita.

Ogni comportamento che si riflette all’esterno verso altri, genera un effetto che porterà a vivere un senso di innocenza oppure un senso di colpa. Se compiamo un’azione che mette a repentaglio  le nostre relazioni sociali e affettive (andando contro al primo bisogno), svilupperemo un senso di colpa, se compiremo delle azioni volte al mantenimento delle relazioni sociali e affettive intorno a noi, svilupperemo un senso di innocenza. Da queste premesse, possiamo comprendere come, il senso di colpa e d’innocenza è correlato maggiormente ad una dimensione sociale che ad una morale, e spesso questi sentimenti ci rendono ciechi verso ciò che è bene o male, basta pensare a quante guerre sante l’essere umano è capace di fare, provando un senso di innocenza verso le stragi compiute, poiché realizzate in nome di un dio.

I nostri comportamenti, condizionati dal bisogno di appartenenza, producono sensi di colpa nel momento in cui mettiamo a repentaglio il nostro posto all’interno di un sistema sociale, e generano un senso di innocenza nel momento in cui ogni nostra azione salvaguarda il nostro senso di appartenenza. Seguendo questo schema comportamentale, spesso inconscio, manteniamo un equilibrio tra il dare e il ricevere. Ogni volta che ci sentiremo in debito, attueremo un comportamento che possa riportare un senso di equilibrio; quando questo non accade, le relazioni subiscono un grave squilibrio che porterà importanti conseguenze.

Sarà la coscienza a governare le scelte e le conseguenti azioni, ma la coscienza, come abbiamo accennato precedentemente, ha livelli differenti, e ogni comportamento generalmente, farà riferimento ad uno di questi. Quando una dinamica relazionale e i bisogni di una persona entrano in conflitto con le coscienze, si vivrà un conflitto di coscienza.

Ci sentiamo con la “coscienza pulita” quando il nostro senso di appartenenza è sicuro, viceversa, ci sentiremo con la “coscienza sporca” quando il nostro senso di appartenenza è messo in discussione.

Sarà il senso di appartenenza che porta i membri della famiglia a seguire un destino comune, anche quando questo non segue dei principi di vita in armonia con la morale e l’etica della società di appartenenza. Il figlio di una famiglia di ladri, molto probabilmente si sentirà maggiormente “con la coscienza pulita” se anch’egli farà il ladro, piuttosto che diventare un architetto. I valori che stanno alla base del nostro comportamento, e dettati dalla coscienza, sono quelli seguiti dal proprio gruppo di appartenenza. 

Quando cambia il contesto sociale, anche il comportamento di una singola persona cambierà, così si avrà una coscienza quando si entrerà in relazione con la madre, una coscienza quando si entrerà in relazione con il padre, una per gli amici, una per il proprio posto di lavoro, ma tutte seguiranno un principio comune: assicurare l’appartenenza e proteggere dall’abbandono e dalla perdita.

La coscienza che lega al proprio gruppo di appartenenza avrà una forza maggiore per i membri che risulteranno più deboli e più dipendenti. Così i bambini saranno pronti a sacrificare la propria vita per difendere l’equilibrio della propria famiglia, facendosi carico interiormente dei problemi di un genitore. Gli eroi, coloro che si sacrificano per il bene comune, molto probabilmente sono coloro che, mossi dal loro senso di appartenenza, sono disposti a tutto pur di mantenere stabile un equilibrio interno del gruppo di appartenenza. Quanti atti di eroismo sono vengono compiuti costantemente, e spesso anche per difendere i più forti, come i leader di un gruppo, pensando che il proprio sacrificio sia fondamentale per proteggere “un bene superiore”. Quale forza muove quelle persone che sono disposte a fare “il lavoro sporco” che un leader richiede? Chi sono coloro che si sacrificano per un bene superiore? 

E cosa succede a coloro che hanno un pensiero differente dalla maggioranza del gruppo?

Vengono esclusi, spaventati, minacciati, a costoro vengono negati quei diritti fondamentali che assicurano una vita in equilibrio all’interno del proprio sistema. Chi non si comporta come il gruppo richiede viene escluso. E coloro che mettono in atto questa esclusione, si sentiranno in colpa o innocenti? E coloro che hanno un pensiero differente rispetto alla massa, come si sentiranno? E in una visione più ampia della vita, possiamo attribuire ragione o torto ad una parte o a un’altra? E possiamo dire che una delle due fazioni si stia muovendo oggettivamente nel bene o nel male?

Coloro che mettono in atto l’esclusione dal gruppo, si stanno muovendo nel rispetto della coscienza di gruppo salvaguardandolo, manifestando la propria dipendenza da questo e dimostrando come un eroe o un gruppo sia capace di sacrificare sé stesso e gli altri per qualcosa che assicuri un equilibrio al proprio sistema di appartenenza. L’azione di escludere chi non si adegua è davvero a fin di bene? Coloro che sono capaci di mettere in atto tale azione a chi o a cosa stanno rispondendo? Si tratta davvero di seguire un principio di bene? Costoro stanno difendendo il gruppo oppure hanno bisogno di escludere il “diverso” per avere un riconoscimento dall’alto? E chi rappresenta questo “alto?” E coloro che seguono una scelta personale, andando contro il gruppo di appartenenza, come si sentiranno? Quale destino li attende? Saranno pronti ad essere le pecore nere del gruppo per salvaguardare la propria stessa vita e i propri principi andando contro al proprio gruppo di appartenenza? 

Così si generano le guerre a fin di bene, dove il sacrificio e le perdite da entrambe le parti sono in nome di un qualcosa che va al di là delle ragioni ufficiali. 

Chi sarà l’innocente? 

Chi si sentirà in colpa? 

Chi è la vittima e chi è il carnefice? 

Dove sta il bene e il male? 

Giancarlo Collura