Qual’è il retto impegno necessario per una vita armoniosa?

Yoga:

Un cammino per l’evoluzione armonica dell’essere umano.

Qual’è il retto impegno necessario per una vita armoniosa?

“Tapah-svadhyayesvara-pranidhananikriya-yogah”

Y.S. II-I

Così afferma Patanjali nel primo sutra del secondo capitolo degli Yoga-Sutra.

Una prima possibile traduzione è: L’austerità (l’ascetismo) lo studio del sé (che conduce alla conoscenza del sé) e l’abbandono (rassegnazione) ad una forza superiore (Isvara) è yoga (è un atto pratico necessario per vivere lo yoga).

Chi vive una vita legata ai valori mondani generalmente fa molta fatica a raccogliersi, ad iniziare un lavoro introspettivo di crescita personale e di evoluzione dell’essere, poiché i valori mondani mantengono la mente sempre rivolta verso l’esterno. Nelle lezioni precedenti abbiamo parlato della necessità del controllo dei sensi e lo sviluppo del non attaccamento, e la necessità di sviluppare la qualità del “testimone”, ossia la capacità di essere presenti e distaccati da tutto ciò che avviene esteriormente ed interiormente in noi.

Patanjali, che propone una via ascetica, di studio e di disciplina ben chiaro e non alla portata di tutti, considera l’insegnamento di questo sutra come propedeutico alla pratica dello yoga. E’ un invito a chi desidera percorrere il sentiero che conduce alla “mukti” alla “liberazione da ogni sofferenza” al samadhi. Questo sutra ci porta alla considerazione che per una vita di crescita personale profonda che implica un cambiamento radicale, la nostra vita quotidiana non può essere una vita mondana ordinaria.

Il cambiamento però non può essere radicale e immediato, poiché la reazione della mente potrebbe essere violenta e riportare la persona ancora più invischiato nella vita mondana.

E’ necessario un periodo in cui il praticante studi con attenzione e gradualmente la conoscenza dello yoga e affini tutte le tecniche che sviluppano anche l’autodisciplina affinché ci sia forza nella trasformazione che la vita giorno per giorno ci porterà a compiere. La crescita personale ci mette a dura prova ogni giorno e soltanto noi stessi possiamo misurare quanto possiamo sostenere e la velocità della nostra evoluzione. Serietà, volontà e determinazione a volte non bastano, bisogna definire mete chiare e raggiungibili, è necessario sviluppare la capacità di andare sempre fino in fondo e non fermarsi, né tanto meno cercare scuse ogni volta che si incontra un ostacolo.

Trovare il giusto equilibrio nella pratica e nella vita, essere determinati e andare avanti con il “retto sforzo”, comprendere i meccanismi mentali che ci tengono soggiogati e superarli.

In questo sutra troviamo la triplice natura del percorso di auto-disciplina necessaria per un praticante di yoga. Tapah si riferisce alla sua volontà; svadhyaya all’intelletto; isvara-pranidhana alle emozioni. La nostra crescita personale ci metterà sempre alla prova su questi tre aspetti dell’esistenza.

In merito al “retto sforzo” possiamo riferirci alla Gita dove è scritto:

“Anche un saggio agisce in conformità alla propria natura; tutti gli esseri vanno secondo natura, a che serve il controllo?” (3:33)

Questo non vuol dire che tutto ciò che facciamo può essere giustificato perché la Natura è irresistibile e ad essa non possiamo opporci. Una persona ignorante agirà sempre secondo natura poiché non sa come controllare i propri istinti così come uno yogi si comporta seguendo la propria natura. Se ogni individuo si comporta soltanto assecondando la propria natura non ci sarebbe più spazio per le scelte personali, per un intervento personale capace di sostenerci nel cammino di crescita ed evoluzione.

“Purushartha” lo sforzo individuale è l’atto di consapevolezza che viene richiesto a chi desidera avere una evoluzione cosciente. Troviamo ancora nella Gita: “L’attaccamento e l’avversione per gli oggetti dei sensi risiedono nei sensi; che nessuno cada sotto l’influenza di queste due qualità, perché invero sono sue nemiche” (3:34)

Raga (l’attrazione), Dwesha (la repulsione), sono le due principali correnti che ci portano a stare sempre in balia del mondo esterno, ma anche interiore.

Ogni elemento della natura sembra oscillare sempre tra due opposti, il bello e il brutto, il buono e il cattivo, ciò che mi piace e ciò che non mi piace; finché vivremo tra gli opposti, finché giudicheremo e prenderemo posizione sempre davanti alla vita, non saremo capaci di trovare pace interiore.

L’uomo ignorante è schiavo di raga e dwesha, e i propri pensieri oscilleranno sempre tra coppie di opposti. Patanjali invita il praticante a controllare le vritti (principalmente raga e dwesha) e a rimanere nella propria essenza (swarupa).

Seguendo raga l’essere umano ama un oggetto o una persona, sotto l’effetto di dwesha lo odierà.

Gli opposti sono sempre grandi ostacoli nel sentiero spirituale.

Nella Gita si afferma: “ L’uomo auto controllato, muovendosi tra gli oggetti con i sensi sotto controllo, e libero da attrazione e avversione, perviene alla pace”. (2:64).

Swami Jivanmukta Saraswati